I suoni che si possono ascoltare in mare sono veramente molto vari.
Partendo dalle frequenze più basse, cioè dai suoni più gravi, troviamo molto presto i brevi "grunt" prodotti dalle balenottere. Sono fischi molto semplici, che variano leggermente di nota, attestati intorno a poche decine di hertz. Praticamente inudibili per l’uomo, spesso confusi nel rumore ambiente, se ne sono registrati i primi esempi del mar Mediterraneo solo negli ultimi due anni.

Ben più semplice è l’ascoltare tutto quello che dalle centinaia di hertz si estende in alto ben oltre i 18/20.000 Hz, termine della nostra capacità di udire. Qui troviamo molti misticeti e praticamente tutti gli odontoceti, che cantano, fischiano e producono "click" in quantità.

Sembra che non sia stata spesa l’ultima parola riguardo le funzioni di tale abbondanza di suoni. Certamente (per come si può essere certi di cose appartenenti a un mondo alieno) le due principali categorie di suoni prodotte dagli odontoceti, i fischi e i click, vengono utilizzate per scopi diversi: i fischi per comunicare e i click per ecolocalizzare

L’ecolocalizzazione, cioè la capacità di ricevere informazioni sull’ambiente attraverso l’eco di suoni appositamente prodotti, è una capacità ben documentata in alcuni delfini (oltre che nei pipistrelli), specialmente nei tursiopi in cattività. Trasferendo ai parenti le capacità di questi animali, si ritiene che quasi tutte le specie di delfini e probabilmente i capodogli, abbiano analoghe capacità.
Ben più recente è l’ipotesi che il canto melodioso dei maschi di megattera (misticeto assente in Mediterraneo) sia anch’esso un sistema per "illuminare" acusticamente le femmine, e quindi trovarle più facilmente.
Certo è che per vivere, comunicare e cacciare in un ambiente dove la visibilità è di poche decine di metri e la luce del sole penetra per meno di cento, i suoni sono il miglior strumento disponibile: veloci, a bassa attenuazione, direzionabili secondo il desiderio